"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


Elogio del tondo

26.09.2010 15:07

Gli uomini amano le rotondità. Lo rivela una ricerca che ha coinvolto un campione di persone di sesso maschile tra i 18 e i 64 anni. Niente paura, signore! Non facciamo questa premessa per giustificare la presentazione di prodotti tradizionali ad alto contenuto calorico. Preferiamo, infatti, non attentare alla vostra linea ed elogiare, invece, le curve di tre eccellenti tipicità della nostra regione. Che piacciono in maniera "bipartisan".

 

Tarallo di Agerola

Il nostro viaggio inizia ad Agerola, porta della costiera Amalfitana. Qui si tramanda oralmente da secoli la ricetta di un gustoso tarallo al finocchietto. A parte la forma tondeggiante e il classico buco nel mezzo, il tarallo di Agerola non ha altro in comune con il più celebre (e più calorico) parente napoletano con sugna e pepe. La ricetta tradizionale prevede che si impastino acqua, farina, finocchietto, sale e pepe con il criscito (lievito madre, ovvero un impasto di acqua e farina già lavorato in precedenza) e che si formino, a mano, delle ciambelle che lievitano, poi, all’aria per circa mezz’ora. Dopo la lievitazione, ciascuna ciambella è immersa per 2 minuti in acqua bollente e, poi, infornata. Il tarallo agerolese è molto croccante e predomina, nel suo sapore, l’aroma del finocchietto. Una variante, anch’essa antica, prevede la sostituzione del finocchietto con burro e mandorle, al fine di rendere il prodotto più friabile e con un leggero retrogusto agrodolce. Comunque lo preferiate, sappiate che su Facebook il tarallo di Agerola conta circa 200 fan e che lo chef Gennarino Esposito, "stellato" Michelin, consiglia di gustarlo in una zuppa con pesce azzurro, arricchito dalla colatura di alici di Cetara.

 

Sigli di Roccamonfina

Di tondo, qui, c'è solo la testa, eppure il suo fascino è inconfondibile. Stiamo parlando del fungo porcino del vulcano di Roccamonfina, la cui fama è talmente diffusa da godere del plurale majestatis. Ci si riferisce, infatti, a tale prelibatezza del gusto, mai in forma singolare, al punto che la definizione dialettale di "sigli" non ha la versione unitaria. I sigli sono un prodotto del territorio dei comuni del Parco Regionale di Roccamonfina e, in particolare, di Monte La Frascara, dove crescono nei boschi di castagno tra aprile e ottobre. Il porcino di Roccamonfina è caratterizzato da una cappella di colore marrone scuro, variabile a seconda delle specie del sottobosco e del bosco di raccolta, mentre il gambo è di colore marrone chiaro. Ha polpa bianca e soda e un sapore delicato ma intenso, al punto da permettere di riconoscervi tutti i profumi del suo humus. È presente in diverse pezzature, fino a un massimo di 30 centimetri. I porcini di Roccamonfina vengono venduti freschi, essiccati o sott’olio. Quello fresco è utilizzato come condimento o contorno. Nella versione essiccata, esso è, invece, conservato in barattoli ermetici e sfruttato per la preparazione di diverse ricette. I porcini sott’olio, infine, vengono lavati a mano per eliminarne le impurità, cotti con aceto, acqua e sale e, poi, conservati in vasetti con aggiunta di olio. 

 

Limoncella, limoncellona e sidro

A causa di una mela - questo è storia - è successo di tutto: cacciate da paradisi terrestri, guerre su dispute estetiche, fiabeschi avvelenamenti, rituali di lutto e fertilità... E sempre - o quasi - c'è di mezzo una donna. Sì, perché la mela è il simbolo della femminilità, forse per la sua rotondità, richiamo all'integrità del gentil sesso. La mela limoncella, tipica delle zone montuose, è un frutto medio-piccolo di forma cilindrica. La sua buccia è gialla tendente al verde e presenta numerose lenticelle grosse e rugginose. La sua polpa è bianca, compatta, succosa e aromatica, caratterizzata da un retrogusto leggermente acidulo. Grazie all’ottimo equilibrio tra acidi e zuccheri della polpa, il frutto, raccolto a fine settembre, mantiene intatte le sue caratteristiche organolettiche fino a gennaio. Nell’area agerolese è coltivato anche un ecotipo simile, a frutto più grosso, denominato “Limoncellona”, che si distingue anche per il sapore più dolce e aromatico. La limoncella è utilizzata anche per produrre un ottimo sidro che, nel rispetto della tradizione, ha ammaliato da sempre il sesso maschile. Il sidro, inventato in Francia nel Medioevo, è, in pratica, vino di mele. L’economia sostanzialmente povera che caratterizzava il Sannio a inizio '900 portò i contadini del luogo a utilizzare le locali mele (limoncelle e annurche) per produrre tale bevanda in sostituzione al vino da uva. Le fasi della lavorazione del sidro sono affini a quelle del vino: dopo la raccolta, le mele vengono pigiate e macinate e il prodotto fermentato viene poi filtrato e imbottigliato. Il risultato è quello di un sapore dolce e fruttato con circa 8° alcolici. A differenza del vino - e della donna - però, il sidro non migliora con l’invecchiamento ma deve essere consumato preferibilmente entro l'anno.

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