"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


Bellezza Orsini e la sacralità femminile

07.09.2008 00:00

“Intanto, ovunque compaia, la donna è l’unico oggetto d’amore. Tutti la seguono e per lei misconoscono la propria specie” (J. Michelet). Basti pensare al letterato e cavaliere Gilles de Rais che, staccandosi dal seguito de re, si unì a Giovanna d’Arco, finendo tempo dopo con l’essere anche lui arso per stregoneria. Tornando alla terra beneventana, sappiamo che qui vivevano ed operavano alcune tra le donne più famose del mondo: Violante da Pontecorvo, Menandra di Grottaminarda, la fata Elginia a Pietrelcina di cui parla anche l'Ariosto, la Boiarona, la quale aveva legato dei demoni alle noci.    

Ma quante streghe sono state realmente perseguitate a Benevento?! Il nome del Sabba nella città viene fatto in uno dei processi, esaminati in Umbria, nel 1456, conclusosi col rogo, a carico di Mariana di San Sisto accusata di aver condotto in fin di vita un bambino. In quelli tenuti al Santo Uffizio di Roma, invece, il nome salta fuori più volte. Il più famoso è quello di Bellezza Orsini, nativa di Collevecchio, cui dedico le ultime riflessioni di questo trip della mente. Bella di nome e, secondo molti, di fatto, al punto da causare invidia, al pari della più celebre Esmeralda di Notre Dame. Non a caso, le due donne sono accomunate dal “fascino” (parola ambivalente) oltre che dal significato del nome. Bellezza Orsini fu processata nel 1540. Si dice avesse una particolare predilezione per le apprendiste molto belle (calunnia o amore saffico?) e, dopo averle spalmate con l'unguento, insegnava loro la famosa formula per volare. Conosceva l'arte di combinare le erbe per guarire i malanni, ma in seguito ad una serie di denunce, fu arrestata, rinchiusa al castello di Fiano Romano e ripetutamente torturata. Per lei, quella della striaria era un'arte concessa solo a quelle del suo rango. Confessò di essere stata più volte al Noce in compagnia di altre streghe. Bellezza Orsini si suiciderà in carcere, sfuggendo così al rogo. Per ricordarla, mi piace prendere in prestito le parole di Tiziana Maio, autrice dello spettacolo teatrale “Nella noce, la strega”:

 

“Le donne contengono in sé la forza generatrice che dà la vita, la quale si contrappone alla forza distruttrice tipica del genere maschile. Conservano e custodiscono il seme della conoscenza che ha la forma di una noce. Chi riesce ad aprirla e a mangiarne il frutto potrà conoscere e salire un gradino di consapevolezza. Il potere delle donne da sempre temuto è stato bloccato, assediato, ostacolato, ma mai eliminato del tutto nonostante persecuzioni e inquisizioni. E oggi, sotto altre forme questa repressione continua a cercare strategie per rendere marginale una forza che altrimenti spodesterebbe il potere maschile. Così come la chiesa, che nel medioevo tentava di demonizzare il paganesimo rendendolo un culto demoniaco e perverso, il potere maschile tenta di emarginare la potenza femminile. Le chiamano streghe, janare, megere… Ma le donne hanno smesso di volare sulle scope e sempre più stanno coi piedi per terra a mettere radici. Iside, Diana, sono due aspetti della stessa rappresentazione: quella di un culto pagano che venera la donna come dea madre, perché ne riconosce il potere generativo. E solo chi ne teme il confronto e violentemente tenta di evitarlo ne diventa inesorabilmente schiavo.”

 

Dove si posizionano, dunque, le streghe oggi, in una società che sente fortemente il bisogno di credere in qualcosa di che i sistemi di riferimento attuali non riescono a soddisfare? Qual è il senso di riprendere vecchie tradizioni matrilineari come le feste mariane, tutte diverse tra loro con le tammurriate (Piedigrotta è stata appena celebrata; provate a chiedere se un fedele di Madonna dell’Arco è fedele della Madonna di Guardia, ad esempio) e le “incubationes”? Qual è il punto di vista dello studioso di scienze umanistiche? L’antropologo Marino Niola, in un’intervista, dichiara: “Nuovi mondi si incroceranno in ritmo esponenziale dando vita e forma a una realtà che si produrrà in maniera impetuosa. Al mare impetuoso della novità globalizzata si opporrà sempre temperandolo, il porto sicuro della tradizione. Questo sarà il nostro modo di interpretare il cambiamento, non solo di subirlo”. Stefano Moriggi, nel suo libro “Le tre bocche di Cerbero” intervistando una vecchina di Triora, paese dell’entroterra ligure dove si svolsero i primi casi di processi alle streghe nell’epoca di Loudun e Salem, sente rispondersi: “Magari le streghe non se ne fossero mai andate”. 

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